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Viaggiare per sconfiggere la Sindrome di Hikikomori
Viaggiare in un Libro
27/05/2016

l mondo reale è uno schifo, dice Parzifal (con la zeta), pseudonimo, anzi avatar, di Wade Watts, ragazzino presumibilmente brufoloso protagonista del denso romanzo Player One : leggi l'estratto >">Player One  dell’esordiente Ernest Cline (di professione sceneggiatore cinematografico).

Siamo nel 2044, in un mondo tutto violenza e povertà dove l’unico modo di sopravvivere è quello di calarsi in una dimensione virtuale chiamata OASIS (Simulazione di Immersione Sensoriale Ontologicamente Antropocentrica), c

Questo è il mondo in cui viene ambientato Player One, ma la realtà non è poi così diversa.

La sindrome di cui soffre il protagonista, Parzifal,  risponde a tutti i sintomi della cosiddetta sindrome hikikomori, un’epidemia sociale che ha preso le mosse in Giappone, ma che colpisce indistintamente adolescenti (e non solo) delle nazioni più progredite. Non è forse un caso che due dei protagonisti, amici di Parzifal, siano proprio giapponesi.

Gli hikikomori sono adolescenti giapponesi, di solito intelligenti, sensibili e potenzialmente creativi, che si autorecludono nelle mura domestiche per mesi o anni, in fuga da un mondo esterno incapace di accettare la diversità di chiunque non si conformi ai valori tradizionali di quella società. Con questo termine  si indica sia la persona che soffre di questa patologia ­– descritta per la prima volta, nel 1998, dal Dr Tamaki Saito dper descrivere una malattia del comportamento diffusa principalmente in Giappone perché strettamente dipendente dalla peculiare struttura sociale di quel Paese.

Sono oltre un milione in Giappone le persone affette da questa sindrome. La maggior parte di loro passa la giornata a giocare ai videogame, a navigare su internet, ad aggirarsi su e giù nel chiuso della propria stanza, a leggere. Quasi tutti bevono, incapaci di fare qualsiasi cosa, lavorare, studiare, interagire con gli altri. La maggior parte ha un'età variabile dai 13 anni ai 35, solitamente di sesso maschile.

I sintomi non rientrano negli standard di depressione, psicosi, schizofrenia, deficienza mentale, né tantomeno agorafobia.

Si tratta piuttosto di una malattia sociale che per molto tempo non ha avuto riscontro in altre culture e che riflette soprattutto la rigidità della società giapponese, in cui i giovani avvertono che in un’epoca di globalizzazione le vecchie regole che hanno segnato le vite dei loro padri non funzionano più. Entrano in un vero e proprio sciopero del comportamento».

Mentre in Occidente gli adolescenti “esplodono” in manifestazioni esteriori scaricando rabbia e frustrazioni, i loro coetani giapponesi “implodono”, trattenendo nel chiuso di se stessi, e poi nel chiuso di una stanza, l’umiliazione di sentirsi “diversi” da ciò che il proprio Paese si aspetterebbe da loro. 

Il protagonista di Player One vive nella baracca di un’odiosa zia, si sposta solo per entrare in un proprio rifugio da cui non esce quasi mai, legge i giornali, guarda la televisione, sogna a occhi aperti, seduto in silenzio

Come si esce dalla sindrome hikikomori? Stando alle ricerche di  c'è una unica drastica soluzione: scappare dal Giappone.

Fortunatamente alcuni adolescenti sono stati capaci di farlo. È il caso di Shigei, 30 anni, hikikomori da tredici, che ha scoperto di poter tornare a vivere grazie a una vacanza in Thailandia a cui era stato praticamente forzato da un amico.

O il caso di Yasuo Ogawara, 35 anni, hikikomori da venti, che ha trovato sollievo da un viaggio in India. 

Viaggiare apre sempre la mente. Aiuta gli adolescenti a provare entusiasmo, a conoscere nuove realtà, a diventare cittadini del mondo. Aiuta gli adulti  a ristabilire il proprio equilibrio, a riscoprire sè stessi. 

Quindi, appena potete...viaggiate! Portate con voi i vostri figli, piccoli o grandi che siano! 

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